Il colore rosa, fino a poco tempo fa considerato asessuato, oggi si avvicina naturalmente alla figura femminile.
Questo perché si tratta di un colore gentile, soave, profondo. Il rosa si associa
all’amore altruistico e vero. Trasmette affetto e protezione. Quella stessa protezione che invece spesso manca alle donne, quando ad entrare in gioco è la mancanza di cultura, la prepotenza, la violenza.
Ed è a tutte quelle donne, vittime dell’ignoranza altrui, che lunedì 25 novembre alle ore 18, verrà dipinta la prima panchina rosa dedicata a tutto il genere femminile, collocata proprio nel piazzale antistante la parrocchia di San Gaetano Catanoso a Gioia Tauro.
A darne comunicazione ufficiale è stato ieri pomeriggio don Giovambattista Tillieci, durante un incontro di riflessione sulla violenza di genere che ha avuto luogo nell’auditorium della chiesa, alla presenza di alcune associazioni del territorio e delle autorità civili e militari.
“L’idea è quella di strutturare la cosiddetta agorà, – ha spiegato il parroco – il punto d’incontro all’entrata della chiesa, creando dei punti significativi, dei segnali chiari, così come lo è la croce.
E la panchina rosa per me è un segnale chiaro del fatto che le cose succedono ad alcune persone ma possono succedere a tutti, e toccano comunque la sensibilità di ognuno”.
Diversi gli interventi che si sono susseguiti durante l’evento, accompagnati dalla visione di alcuni video sulla violenza nei confronti delle donne e che hanno indebolito la parte più dura di ogni singola persona presente, che vestisse una divisa, un abito religioso, un collo di pelliccia o dei jeans.
Tutti per un pò erano vestiti di rosa, un colore neutrale, sbiadito dal senso di impotenza nei confronti delle tristi storie delle donne di cui si è discusso.
Graziella Carbone ad esempio, presidente di Insieme.. Noi con te, ha ricordato Giusy Cacciola, finta morta suicida. Milena Marvasi, presidente Kairos, ha parlato con il trasporto che solo una madre può avere di Fabiana Luzzi, la quindicenne di Corigliano accoltellata e uccisa dal fidanzato.
Monica Della Vedova e Saveria Lollio di Lab Donne, oltre a ricordare Anna Maria Scarfò, la ragazza di San Martino vittima per anni di violenza di gruppo, hanno poi trasmesso le emozioni nate dall’incontro con le detenute del carcere di Reggio Calabria. “Sono donne che hanno ucciso il proprio compagno dopo anni di violenza vissuti senza reagire”, hanno spiegato, leggendo la toccante lettera di una di loro.
“Ho rischiato più volte di morire tra le sue mani, – scrive la detenuta – ma sono viva. Ingiustamente condannata ma viva”.
Dell’importanza del dialogo con i giovani ha invece parlato Carmela Benedetto, docente di lettere, seguita da Cinzia Papasergi che ha ricostruito la storia delle sorelle Mirabal.
E poi ancora l’assessore alle politiche sociali Francesca Guerrisi, che si è soffermata sulla difficoltà delle donne quando si ribellano ad una situazione insostenibile, e Carmen Moliterno, assessore alla cultura del comune di Gioia Tauro, particolarmente sensibile alla tematica.
I rappresentanti della Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno infine ribadito la piena disponibilità di aiuto concreto così come l’importanza di denunciare.
Un incontro formativo e informativo quello di ieri, che ha smosso la coscienza dei presenti con l’intento di fare rete e muoversi verso un obiettivo comune.
E se secondo il dizionario psicologico il rosa è il simbolo della speranza, di sicurezza e di ottimismo verso il futuro, ed è un colore che calma gli istinti primitivi e attenua i sentimenti di rabbia e aggressività, allora l’intento di questa bella iniziativa è interamente racchiuso in questo concetto.
Autore dell'articolo: Eva Saltalamacchia - Inquieto Notizie